Modificazioni anatomiche cardiache dovute a fattori endocrini e nutrizionali

Modificazioni anatomiche cardiache dovute a fattori endocrini e nutrizionali 


ACROMEGALIA

Pierre Marie.

L’acromegalia fu descritta per la prima volta, come entità patologica, dal neurologo francese Pierre Marie (Parigi, 9settembre 1853 – Le Pradet, 13aprile 1940) nel 1886. La sua analisi dei disturbi della ghiandola pituitaria ha dato un contributo decisivo al campo emergente dell’endocrinologia.

La cardiomegalia è la principale alterazione cardiaca dell’acromegalia. Storicamente, sono stati postulati diversi meccanismi per spiegare ciò. Fu il cardiologo francese Henri Huchard (4aprile 1844 – 1dicembre 1910) a suggerire nel 1895 che la cardiomegalia si verificava come parte dell’ingrandimento generalizzato degli organi o come risultato dell’arteriosclerosi che l’accompagna questa patologia.

L’associazione con l’ipertensione fu scoperta da G. Alessandri nel 1908.


FEOCROMOCITOMA

Ludwig Pick.

Il Feocromocitoma è una neoplasia del tessuto adrenergico cromaffine. Sebbene raro, esso è un’importante lesione perché è una causa rimediabile di ipertensione. Fu descritta per la prima volta dal tedesco Felix Frankel nel 1886 e dal patologo tedesco Ludwig Pick (31agosto 1868 – 3febbraio 1944), che le diede il suo nome nel 1912.

Le complicazioni cardiovascolari derivano dalla quantità eccessive di catecolamine prodotte dal tumore. Nel 1906, Richard M. Pearce presentò i primi esperimenti su animali in cui le modificazioni istologiche del miocardio potevano essere indotte dalle iniezioni intravenose di adrenalina (l’articolo si intitolava “Experimental myocarditis; a study of the histological changes following intravenous injections of adrenalin.”).

La capacità della norepinefrina di produrre simili modificazioni fu mostrata da Szakàcs e Mehlman nel 1960, circa mezzo secolo dopo. Un ulteriore conferma che le catecolamine possono indurre cardiomiopatia negli animali fu fornita da Franz (1937) e Reichenbach e Benditt nel 1970.


TIREOTOSSICOSI e mixedema

Karl Adolph von Basedow (28marzo 1799 – 11aprile 1854).

Il primo ad aver richiamato l’attenzione del coinvolgimento cardiaco nelle Tireotossicosi è stato Caleb Hillier Parry (21ottobre 1755 – 9marzo 1822). Si può ritrovare ciò come parte di una raccolta di scritti non pubblicati che comparvero nel 1825. La collezione abbraccia un periodo di 39 anni. Vengono descritti otto dei pazienti ed il primo di questi fu visto da lui nel 1786. Tutti quanti mostravano gozzo esoftalmico, edema, cardiomegalia ed irregolarità del polso.

Le osservazioni di Parry furono confermate da molti altri clinici nella rimanente parte del XIX secolo. Essi furono il fisiologo irlandese Robert James Graves (27marzo 1796 – 20marzo 1853) nel 1835,il medico tedesco von Basedow nel 1840, Lockridge nel 1879, e Moebius nel 1896. Sebbene il nome di Graves sia collegato alla tireotossicosi con il gozzo esoftalmico, la descrizione della malattia da parte di Parry anticipa quella di Graves di 49 anni.
Il coinvolgimento cardiaco nel mixedema fu registrato per la prima volta da Zondeck nel 1918. Le caratteristiche istologiche e le loro correlazioni cliniche sono state analizzate anche nell’articolo di Fahr del 1925. In una serie di isolati case report l’ipotiroidismo è stato collegato alla malattia coronarica. Questi iniziano con il case report di A. M. Fishberg che comparve sul Journal of American Medical Association (noto con l’acronimo JAMA) nel 1924. L’effusione pericardica è un’altra caratteristica ed una frequente complicazione del mixedema. L’associazione fu scoperta da Freeman nel 1934. Egli mostrò un case report che descriveva l’esistenza di effusioni croniche pericardiche in un individuo con mixedema.


IPERPARATIROIDISMO

La conoscenza riguardo gli effetti dell’iperparatiroidismo sul cuore ha avuto un’evoluzione solo nelle ultime decadi. Ora si sa che l’iperparatiroidismo primitivo è quasi sempre associato all’ipertrofia miocardica. Negli anni 50 del novecento, Hellstrom avanzò l’ipotesi che l’ipertrofia fosse dovuta all’ipertensione che si presentava nello stato iperparatiroideo, e che di fatto, l’ipertensione e la malattia ipertensiva cardiovascolare fossero la principale causa di disabilità e morte in questo disordine. La validità di questa dichiarazione è stata confutata dai ricercatori successivi.
L’ipertrofia cardiaca associata allo stato iperparatiroideo può essere simmetrica, asimmetrica o in forma di cardiomiopatia ipertrofica. Nel 1978 McFarland e collaboratori suggerirono per primi l’ipotesi che l’ipercalcemia prolungata fornisse lo stimolo per lo sviluppo della cardiomiopatia ipertrofica. Nel 1981, Katoh ed i suoi colleghi segnalarono l’effetto inotropo positivo dell’ormone paratiroideo su cuori di gatti ai quali era stato somministrato del verapamil.


INSUFFICINZA PARATIROIDEA CRONICA

La possibilità di una qualche relazione tra l’insufficienza paratiroidea cronica e il danno miocardico fu suggerita per la prima volta da Rose nel 1943. La sua conclusione si basava su un paziente che aveva seguito per 16 anni, il quale sviluppò un’inspiegata insufficienza cardiaca congestizia dopo un intervento chirurgico che aveva prodotto ipoparatiroidismo. Prima di lui, Hegglin (1939) aveva riportato gli effetti dell’ipocalcemia sul cuore.


OBESITà

John Cheyne (3febbraio 1777 – 31gennaio 1836)

Gli effetti nocivi dell’obesità sulla sopravvivenza erano noti già dai tempi di Ippocrate. Nell’aforisma 44, egli sottolinea chiaramente la ridotta aspettativa di vita dell’obeso comparato al soggetto magro. Anche Celso fu un attento osservatore. La sua affermazione che le persone grasse sono molto soggette a malattie acute si può ritrovare nel suo undicesimo aforisma.

Il background storico concernente le modificazioni anatomopatologiche del cuore nell’obeso dovrebbe iniziare con William Harvey. Egli fu probabilmente il primo a pubblicare delle osservazioni sul “cuore adiposo”. Ciò accadde nel XVII secolo ed il cuore che egli descrisse era quello di un uomo obeso. Il cuore era talmente ricoperto di grasso che Harvey lo chiamò cor adipe plane tectum.

Corvisart nel 1806 credeva che il cuore delle persone obese fosse soffocato dall’immensa quantità di grasso che lo circondava.

Nel 1818, quando il pediatra scozzese John Cheyne descrisse il tipo di respirazione noto con l’eponimo respiro di Cheyne-Stokes, denominò il reperto cardiaco necroscopico del suo paziente con il termine “degenerazione adiposa” e la sua conclusione fu che quel tipo peculiare di respirazione fosse una “conditio sine qua non” di un cuore adiposo. 

Laénnec distingueva tra l’accumulo di grasso sulla superficie epicardica e la degenerazione adiposa del miocardio.

La reputazione di Richard Quain come autorità eminente nel campo del “fatty heart” si consolidò con la pubblicazione di una sua monografia su questo particolare argomento nel 1850. L’articolo di Quain destò tanta impressione che per molti anni fu “di rigore” incolpare il “fatty heart” come causa di morte improvvisa.

Nella prima parte del XX secolo, la “miocardite cronica” soppiantò il “cuore adiposo” come diagnosi più comune della malattia cardiaca. Naturalmente, in entrambi i casi non venne riconosciuta la natura reale delle modificazioni patologiche. Il mondo medico necessitò del secondo articolo di Herrick, pubblicato nel 1919, per realizzare finalmente il ruolo della malattia coronarica che era stata misinterpretata con in concetti di “fatty heart” ed in seguito di “chronic miocarditis”.

L’analisi del cardiologo francese Louis Gallavardin (20agosto 1875 – 2dicembre 1957,) del 1900 rimane un classico. Egli non confuse la degenerazione adiposa al postmortem con l’occlusione coronarica e l’infarto miocardico. Questo fu un passaggio importante, dal momento che egli riuscì a porre il quadro clinico del “cuore adiposo” in una propria nicchia. Gallavardin scoprì che la degenerazione adiposa era comune in coloro che erano morti per stati cachettici, anossici ed anemici; una modificazione anatomica molto differente dal cuore adiposo dell’obeso o dal cuore con modificazioni miocardiche secondarie a malattia ischemia coronarica. Gallavardin riconobbe due forme di degenerazione adiposa basate sull’analisi ad occhio nudo o al microscopio. Il tipo microscopico era un processo diffuso mentre la variante macroscopica si presentava come una macchia endocardica con isolette di materiale adiposo.


MALNUTRIZIONE

Karel Frederik Wenckebach (24marzo 1864 –  11novembre 1940)

C’è stata una prevalente ma poco documentata credenza che non si avessero alterazioni strutturali cardiache durante lunghi periodi di malnutrizione. Basta assistere alla ridotta performance cardiaca nella malattia di beri-beri per realizzare che devono essere presenti delle modificazioni strutturali per spiegare l’insufficienza cardiaca.
La malattia cardiaca nel beri-beri fu descritta da per la prima volta dal cardiologo olandese Wenckebach nel 1928. La presenza di modificazioni strutturali in questa malattia fu descritta per la prima volta da Benchimol e Schlesinger nel 1953. Le loro osservazioni autoptiche rivelarono edema interstiziale e perivascolare, che poteva progredire in fibrosi e necrosi miocardica.
Una complessiva perdita di peso del cuore in uomini a digiuno fu riportato da Bloom ed i suoi collaboratori nel 1966. Tre anni dopo, Alleyne ed il suo gruppo dimostrarono un calo di peso in cuori di bambini morti per malnutrizione. Il termine “cachessia cardiaca” fu introdotto nel 1976 da Abel ed associati per descrivere quegli stati di insufficienza cardiaca congestizia cronica ad eziologia variabile che sono accompagnati da malnutrizione proteica e calorica.


Articolo tratto da:

Autore: dott. Concetto De Luca (novembre 2011)


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