Alla riscoperta di un grande scienziato: Emilio Veratti

Alla riscoperta di un grande scienziato: Emilio Veratti

“Ho intrapreso una serie di indagini metodiche sulle fibre muscolari striate utilizzando i tre metodi sopra indicati e ho confrontato i risultati. Ai fini del controllo e dell’orientamento non ho tralasciato gli altri metodi finora più diffusi (vedi sopra).

Credo di essere arrivato a certe conclusioni non del tutto prive di interesse, soprattutto per quanto riguarda la struttura fine del sarcoplasma”.

Emilio Veratti, 1902.


Emilio Veratti in giovane età.

Emilio Veratti (Varese 24mazo 1872 – Varese 24febbraio 1967) è stato un brillante patologo, batteriologo e accademico italiano, il migliore e più fidato allievo di Camillo Golgi (Córteno 1843 – Pavia 1926).

Egli è ricordato, soprattutto e non solo, per aver scoperto e descritto il reticolo sarcoplasmatico o sarcotubulare utilizzando la reazione nera o argentea. Questa tecnica di colorazione istologica fu scoperta e utilizzata da Golgi per colorare le cellule nervose e le loro connessioni. L’originalità e l’efficacia della tecnica valse a Golgi nel 1906 il Premio Nobel per la Medicina ex aequo con Santiago Ramón y Cajal (Petilla de Aragón 1852 – Madrid 1934), che a sua volta aveva ottenuto delle importanti scoperte grazie proprio alla colorazione di Golgi.


GOLGI VS CAJAL

Emilio Veratti in laboratorio.

Infatti Ramòn y Cajal aveva scoperto che i neuroni erano separati fisicamente l’uno dall’altro, ossia che interagivano tra di loro non per continuità, bensì per contiguità attraverso le sinapsi (‘legge della polarizzazione dinamica’) e non erano uniti a formare un’unica rete sinciziale (‘rete nervosa diffusa’) come sosteneva, invece, Golgi. Alla luce delle conoscenze scientifiche attuali sappiamo che Cajal aveva sostanzialmente ragione anche se la sua teoria verrà modificata in alcune parti, accogliendo alcune idee dei reticolaristi.

Ritornando alla reazione nera essa consisteva nella combinazione di alcuni reagenti come l’acido osmico, il bicromato di potassio e il nitrato di argento, che consentiva la deposizione di argento metallico sulla superficie del neurone, evidenziandolo fin nei minimi particolari, anche se era una reazione capricciosa perché operatore-dipendente potendo, quindi, dare risultati variabili.


SFRUTTANDO LA REAZIONE NERA

TAVOLA 1 tratta dall’articolo del 1902 di Veratti ‘Ricerche sulla fine struttura della fibra muscolare striata’.

Veratti, dotato di grande abilità tecnica, riuscì a rendere questa reazione più stabile e quindi riproducibile, aggiungendo al fissativo il cloruro di platino e trattando i tessuti con acetato di rame.

Grazie a questa modifica Golgi poté colorare i neuroni e le fini diramazioni in modo stabile e riproducibile. Con la stessa tecnica Veratti dimostrò nel 1902 (‘Sulla fine struttura della fibra muscolare striata’) l’esistenza nelle cellule muscolari striate di un sistema reticolare formato da filamenti longitudinali uniti a elementi trasversali, osservati al microscopio ottico, che circondavano le miofibrille, che lo stesso Veratti battezzò ‘reticolo sarcoplasmatico’.
Oggigiorno, conosciamo completamente l’ultrastruttura del reticolo sarcoplasmatico, grazie alla microscopia elettronica, che ci ha rimandato una immagine chiara di un sistema continuo di tubuli e cisterne delimitati da una membrana che formano una rete attorno a ciascuna miofibrille della cellula muscolare, corrispondente al reticolo endoplasmatico liscio delle altre cellule eucariotiche.


IL RETICOLO SARCOPLASMATICO

Emilio Veratti (a destra) e l’anatomista Antonio Pensa (1874-1970) davanti al primo microscopio elettronico installato nell’Istituto di Anatomia Umana dell’Università di Pavia, intorno al 1960.

Ciascuna miofibrilla è formata, a sua volta, da tanti miofilamenti costituiti dalle proteine contrattili, miosina (filamento spesso) e actina (filamento sottile). I tubuli (sarcotubuli) sono disposti tra le miofibrille con prevalente orientamento longitudinale. L’unità di riferimento è il sarcomero, che è un segmento contrattile delimitato alle estremità da due sottili bande fortemente opache che si chiamano linee ‘Z’. A metà sarcomero questi tubuli si anastomizzano in un sistema labirintico. All’estremità di ciascun sarcomero i tubuli longitudinali confluiscono in canali più ampi disposti trasversalmente e riuniti in coppie (cisterne terminali). Tra due cisterne terminali accoppiate si interpone un tubulo più sottile che deriva da una invaginazione del plasmalemma, che è chiamato tubulo a ‘T’. L’insieme formato dalle due cisterne terminali e dal tubulo a ‘T’ è definita triade.


IL RETICOLO SARCOPLASMATICO (2)

Schema che illustra la disposizione del reticolo sarcoplasmatico e del sistema T attorno alle miofibrille delle cellule muscolari scheletriche.

La linea ‘Z’ del sarcomero è posta al centro di una zona chiara appartenente a due sarcomeri adiacenti (Banda ‘I’). La parte centrale del sarcomero, che è opaca all’esame ultrastrutturale, è detta banda ‘A’, al cui centro si evidenzia una zona più chiara detta banda ‘H’, percorsa nel mezzo da una sottile linea scura, la linea ‘M’.
La funzione di questo sistema complesso è quella di regolare la concentrazione degli ioni calcio (Ca2+) attorno alle miofibrille e quindi di svolgere una funzione specifica in relazione alla contrazione e cioè assume, conserva e rilascia ioni Ca++.
Nel 1903 Veratti diventò Aiuto di Patologia Generale a Pavia, incarico che conservò per i successivi 23 anni. Si occupò anche di temi legati alla salute pubblica, come il tifo e la difterite. Fu docente di Patologia Generale dal 1930, professionista eccellente ma modesto e riservato, senza riporre in sé alcun desiderio di fama svolgendo, inoltre, ricerche significative in molti settori della medicina come quello dell’oncologia, microbiologia e igiene.


un approccio di ricerca rigorosamente scientifico

Articolo di Veratti tradotto sul prestigioso “Journal of Biophysical & Biochemical Cytology“.

Il suo approccio di ricerca era rigorosamente scientifico, iniziando con una analisi critica della letteratura. Le ipotesi di lavoro dovevano essere verificate sia con un vasto materiale scientifico che con controlli accurati e le conclusioni dovevano riportare dati e non speculazioni.

Egli era molto scrupoloso e molto critico e prima di pubblicare qualcosa voleva essere assolutamente sicuro dell’originalità e del rispetto del rigore scientifico del lavoro.

Questo modalità di approccio ipercritico aveva creato qualche difficoltà con Golgi che, pur riconoscendo le eccezionali qualità di ricercatore del suo allievo, scriveva:

‘… la produzione scientifica di lui può sembrare non abbondante tenuto conto del numero delle pubblicazioni, la ragione di ciò è frattanto riposta in altra dote che di certo è fra le migliori per un ricercatore: lo scrupolo estremo nell’affermare.

Questo scrupolo congiunto allo spirito critico di un grado eccezionale, fa sì che solo dopo ripetuti controlli egli si decide a far oggetto di pubblicazione i fatti nuovi che dalle sue indagini sono messi in luce…’


SCRUPOLOSO E CRITICO

Veratti evitava di comparire come coautore nei lavori dei suoi studenti o collaboratori perché riteneva che ogni pubblicazione doveva riferirsi ad un unico autore al fine di definire il ruolo e la responsabilità di quanto scritto.

Per meglio comprendere la statura morale e la filosofia di ricerca si riporta il suo commento in occasione del cinquantesimo anniversario della scoperta dei corpi di Negri:

‘Davanti ad un fenomeno, di cui non si riesce a capire il significato piuttosto che accontentarsi di spiegazioni ipotetiche, conviene confessare umilmente la nostra impotenza, in attesa che il progresso delle conoscenze, forse in campi lontani ed i più impensati, fornisca gli elementi per un giudizio sicuro’.


L’ANELLO DELLA ZARINA

Nel suo discorso di pensionamento Veratti lasciò agli studenti questo bellissimo messaggio di grande significato morale:

’Durante un ballo alla corte dello Zar, la Zarina perse un anello prezioso. Lo Zar divise la sala da ballo in diversi settori, assegnando ciascun settore ad uno dei gentiluomini presenti. Solo uno di essi, naturalmente, trovò l’anello, ma il suo successo era dovuto allo sforzo di tutti’.


LA RISCOPERTA DI  VERATTI

Nel 1942 Veratti si ritirò a vita privata nella sua villa ‘San Francesco’ a Biumo Superiore (Frazione di Varese), costruita dal marchese Benigno Bossi sull’area del convento dei francescani di proprietà della nonna Anna Carolina Mozzoni.
A metà degli anni cinquanta, quando oramai i lavori di Veratti erano stati completamente dimenticati, Stanley H. Bennett e Keith R. Porter (1912-1997) confermarono l’esistenza del reticolo sarcoplasmatico al microscopio elettronico riportando all’attenzione l’importante scoperta.

Le ricerche di Veratti nel 1961, inoltre, vennero tradotte in lingua inglese e pubblicate sulla prestigiosa rivista ‘Journal of Biophysical & Biochemical Cytology’, suggellando la sua carriera straordinaria e rendendo, giustamente, famoso il suo nome.
Lo scienziato varesino ricevette nel 1962, come ultimo prestigioso riconoscimento, la nomina ad ‘Emerito’ presso la Facoltà di Medicina a Pavia. Emilio Veratti morì a Varese il 24 febbraio del 1967.


Articolo di Domenico Dentico


Bibliografia:

Sitografia:


 

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