Quel giorno in cui la Penicillina sbarcò nel Vecchio Continente

Quel giorno in cui la PENICILLINA sbarcò nel Vecchio Continente

Alexander Fleming (1881-1955)

Il 6 giugno 1944, insieme a migliaia di soldati alleati, sbarcò nel Vecchio Continente uno dei farmaci più famosi della storia: la penicillina.

Come certi vecchi immigranti, questo antibiotico trae le sue radici nel Vecchio Continente: il medico Vincenzo Tiberio già nel 1895 pubblicò all’Università di Napoli uno studio sugli effetti di una muffa, che egli notò in un pozzo vicino la sua casa di Arzano, secondo il quale tale muffa mostrava delle proprietà antibatteriche. Il suo lavoro (insieme a quello di altri ricercatori) passò inosservato.

Oltre tre decenni dopo, Alexander Fleming, in Gran Bretagna, nel 1928, era rimasto assente dal suo laboratorio per una breve vacanza e stava lavorando su alcuni ceppi di batteri, coltivati in una capsula di coltura. Al ritorno, Fleming notò che in una capsula c’era un alone chiaro inusuale: in quella zona i batteri non erano cresciuti. Al centro dell’area più chiara, c’era una muffa che aveva contaminato le colture. Fleming pensò che la muffa fosse la causa della morte dei batteri. Le prime sperimentazioni della penicillina sull’uomo non ebbero grandi risultati; bisognava renderla più efficace.

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale cresceva infatti la richiesta di un antibiotico per le truppe ed i civili colpiti dalle infezioni. Si pensò di far arrivare campioni di muffe “Penicillium“, partendo dal presupposto che alcune producevano penicillina ed altre meno, per trovare quella capace di produrre la maggior quantità di antibiotico.
La muffa migliore fu scoperta da Mary Hunt su un melone comprato in un supermercato. Tale muffa, battezzata “muffa-Mary“, aumentò di oltre dieci volte le capacità produttive e lanciò definitivamente la produzione su larga scala della penicillina.

Alexander Fleming reclamò il merito di aver scoperto l’efficacia antibatterica del “Penicillium Notatum” su piastra nel 1928, di averlo battezzato, di aver mostrato la sua diffusibilità in agar, di averlo provato in forma “cruda” in una dosaggio (diluito 1/1.000) efficace, ma ammise di non essere stato in grado di produrre “penicillina attiva” in quantità tale da poter fare dei veri e propri studi clinici. Tentò anche di concentrare ulteriormente la penicillina ma ciò non fu possibile in quanto il prodotto a tali concentrazioni “si distruggeva”. Alla fine, Fleming fu costretto ad alzare bandiera bianca ed affermare chiaramente:

Noi eravamo batteriologi, non chimici, e le nostre semplici procedure furono inefficaci”.

Nel 1940 egli passò perciò la mano agli “oxfordiani” Howard Florey, patologo australiano, ed il chimico Ernst Chain, consegnando loro il Penicillium nel tentativo di renderlo maggiormente concentrato, puro ed, in ultima analisi, efficace.

Ernst Chain raccontò lo sforzo dei chimici delle grandi compagnie farmaceutiche ed università statunitensi e inglesi, Merck, Pfizer, Burroughs Wellcome, Squibb, il progetto “Academic”, ecc., che nel cuore della grande guerra, riuscirono a produrre la penicillina in forme concentrate e stabili, e nelle quantità adeguate. Durante gli studi di purificazione era diventato chiaro come esistessero diverse forme di penicillina con diverse forme chimiche e che questa non era stabile in tutte le forme.

La prima penicillina ottenuta in forma pura fu chiamata “Penicillina II”, fu cristallizzata in forma di sale sodico da Wintersteiner MacPhillamy alla Squibb, e ciò accadde nel luglio 1943, mentre ad Oxford la “Penicillina I” fu cristallizzata una settimana dopo.
Dunque, Fleming (ri)scoprì il Penicillium e la sua scarsa tossicità, ma non la reale efficacia, mentre Florey e Chain (insieme alle compagnie farmaceutiche ed università statunitensi e del Regno Unito) ne confermarono la bassa tossicità e poterono utilizzare con efficacia sull’uomo la penicillina dopo averla testata sull’animale (topi infettati con grandi dosi di batteri piogeni e gangrena gassosa guarivano al 90% se trattati con penicillina mentre morivano al 100% se non curati).

I primi esperimenti in persone malate risalgono al 1941, e nonostante i bassi dosaggi del farmaco dovevano essere spesso interrotti. Lo sforzo combinato degli enti suddetti condusse ad una maggiore purificazione ed efficacia del farmaco.

Nel luglio 1943, la “War Production Board”, ente governativo statunitense che supervisionava la produzione di materiali funzionali allo sforzo bellico, decise di organizzare un piano per lo stoccaggio in massa di elevate quantità di penicillina. Tale sforzo permise di produrre circa 2,3 milioni di dosi di penicillina giusto in tempo per lo sbarco in Normandia.

È stato stimato che dopo lo Sbarco in Normandia, avvenuto il 6 giugno 1944, la penicillina salvò la vita e il rischio di amputazioni in seguito a ferite infette di circa il 10-15% dei soldati alleati.


BIBLIOGRAFIA:

  1. http://www.almanacco.rm.cnr.it/reader/cw_usr_view_recensione?id_articolo=1704&giornale=1679
  2. http://it.wikipedia.org/wiki/Penicillinahttp://www.nobelprize.org/nobel_prizes/medicine/laureates/1945/press.html
  3. http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/medicine/laureates/1945/fleming-lecture.pdf
  4. http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/medicine/laureates/1945/chain-lecture.pdf
    http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/medicine/laureates/1945/florey-lecture.pdf
  5. http://en.wikipedia.org/wiki/Penicillin

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