Qualcosa sul rischio trombosi legato al vaccino anti-covid AstraZeneca

QUALCOSA SUL RISCHIO TROMBOSI LEGATO AL VACCINO ANTI-COVID ASTRAZENECA

La professoressa Marie Scully

La professoressa Marie Scully (ancora una volta una donna protagonista nella lotta al Covid-19) ha individuato la possibile causa dell’effetto collaterale più grave del vaccino AZ: la trombosi cerebrale e generale.
La dottoressa è una consulente ematologa dell’University College London Hospital (UCLH) e conosce la diagnosi di pazienti con coaguli di sangue nel cervello e piastrine basse.

Eppure non riusciva a capire la causa della malattia di una giovane donna di 30 anni che stava curando all’inizio di marzo 2021.


RISCHIO TROMBOSI

“Ora, quando si hanno coaguli di sangue nel cervello in questo modo, c’è sempre una causa, ed è stato difficile individuare la causa”,

ha affermato la prof. Scully al giornale “The Guardian“.

Così è iniziata la sua storia di detective medico, che ha portato ad una conclusione inevitabile, anche se difficile da ammettere. Questo sarebbe un raro effetto collaterale del vaccino AZ con il rischio di 1 caso ogni 250.000 vaccinazioni.
Ci sono stati 79 casi di coagulazione del sangue insieme a bassi livelli di piastrine nel Regno Unito, di cui 19 sono morti.
La giovane donna ricoverata nel primo fine settimana di marzo aveva un forte mal di testa, intolleranza alla luce e vomito. Le fu somministrato il trattamento standard: una trasfusione di piastrine e una piccola quantità di farmaci per fluidificare il sangue. All’inizio sembrava stare bene, ma la conta piastrinica non è aumentata. All’ecografia di routine dell’addome il radiologo ha visto un coagulo di sangue nel fegato.


Coaguli Insoliti

University College Hospital – New Building – London – England.

Questo è stato davvero molto insolito,” ha affermato la dottoressa Scully. I coaguli si sono sviluppati anche nei polmoni e tutti sono peggiorati. Il sabato pomeriggio successivo la situazione clinica si è deteriorata rapidamente e la paziente è finita intubata in terapia intensiva.
È stata convocata una riunione del team multidisciplinare, in cui specialisti di radiologia, epatologia, terapia intensiva ed ematologia si sono riuniti per discutere di questo caso sconcertante.
Sembrava una trombocitopenia indotta da eparina (HIT). Questa è una condizione rara in cui l’eparina, un farmaco che fluidifica il sangue, attiva il sistema immunitario che induce la produzione anticorpi che causano trombosi. Ma la paziente non aveva ricevuto somministrazione di eparina…


L’INTUITO DELLA DOTTORESSA SCULLY

Schema fisiopatologia HIT

Ricordate la dottoressa Annalissa Malara, l’anestesista di Codogno che per prima in Italia ha avuto l’intuizione di fare il tampone al paziente 1 circa un anno fa? Ebbene, la dottoressa Scully ha avuto l’idea di testare l‘anticorpo PF4 sulla giovane paziente.
Gli Anticorpi anti-eparina/PF4 sono Anticorpi associati a Trombocitopenia indotta da eparina (HIT).
Quasi contemporaneamente la dottoressa Scully ha appreso la notizia di un altro paziente (sulla cinquantina) che era morto di recente per una condizione cerebrale e aveva le piastrine basse. Scully ha chiesto all’equipe di analizzare anche il suo campione con il test PF4.


LA COMPOSIZIONE DEL PUZZLE

Con suo grande stupore, entrambi i test sono risultati positivi. A quel punto, sapeva che un altro caso a Birmingham era gestito da un collega, il dottor Will Lester, che aveva anche lui eseguito un test PF4. Anche questo era positivo.
Tutto ciò significava che mondo medico doveva saperlo immediatamente.

“Non si trattava solo di diagnosticare. Le normali linee di terapia dovevano essere quasi invertite”,

ha affermato la professoressa Scully.
Sono necessari fluidificanti del sangue ma non eparina. Le trasfusioni di piastrine aggravano i coaguli, quindi sono da evitare. C’è un urgente bisogno di smorzare il sistema immunitario, per non fare produrre gli anticorpi PF4. L’immunoglobulina endovenosa, scarsamente disponibile, è stata autorizzata dal SSN inglese per tutti questi casi.
Con un trattamento appropriato e una diagnosi precoce, man mano che le persone sono diventate consapevoli dei sintomi, le vite vengono salvate.
I tre pazienti avevano solo una cosa in comune. Recentemente avevano ricevuto tutti il vaccino AstraZeneca.


LA CONDIVISIONE DELLE INFORMAZIONI

L’equipe della “University College London Hospital” ha iniziato a scambiare informazioni con altri ospedali, soprattutto in Germania, dove avevano esperienza di questa rara condizione.

“L’importante ora è che sappiano come diagnosticare e come trattare questa condizione. Le persone di età inferiore ai 30 anni, a basso rischio dalle complicanze dello stesso Covid-19, possono scegliere di avere un vaccino alternativo. Ma nessuno deve dire che non ci si deve vaccinare”.

Così ha concluso la dottoressa Scully.


RIFERIMENTI:

 

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