Carl Flügge e le sue goccioline

Carl Flügge e le sue goccioline

Carl Flügge (1906 circa)

Carl Georg Friedrich Wilhelm Flügge (12settembre 1847 – 10dicembre 1923) è stato un batteriologo ed igienista tedesco.

La sua scoperta che gli agenti patogeni erano presenti in goccioline espiratorie abbastanza grandi da diffondersi da un individuo all’altro, le omonime “goccioline di Flügge“, ha gettato le basi per il concetto di trasmissione delle droplets come via di contagio di malattie infettive respiratorie.

Carl Flügge era originario di Hannover. Studiò Medicina a Gottinga, Bonn, Lipsia e Monaco, e nel 1878 fu docente di Igiene a Berlino.  Successivamente fu professore a Breslavia (e poi di nuovo a Berlino) dove successe a Max Rubner presso il Dipartimento di Igiene.


UN GRANDE IGIENISTA

Poster di educazione sanitaria pubblica nel Regno Unito della seconda guerra mondiale.

Flügge fu un collega del grande microbiologo Robert Koch, con il quale ha co-curato la rivista “Zeitschrift für Hygiene und Infektionskrankheiten” (Giornale di Igiene e Malattie Infettive). Due dei suoi assistenti più noti a Breslavia furono Wolfgang Weichardt (1875-1943) e Walther Kruse (1864-1943).

Flügge è noto per aver sostenuto l’Igiene come disciplina medica indipendente ed è ricordato per aver svolto ricerche approfondite che coinvolgono la trasmissione di malattie infettive come la malaria, la tubercolosi ed il colera.

Negli anni ’90 dell’Ottocento egli dimostrò che anche durante una “discorso tranquillo“, minuscole goccioline, le cosiddette goccioline di Flügge vengono spruzzate nell’aria. Questo ha posto le basi al concetto di trasmissione di goccioline, ancora in uso nel 21° secolo. La scoperta è stata determinante per la difesa della maschera con garza chirurgica da parte di Jan Mikulicz-Radecki nel 1897.


L’ESPERIMENTO DI CORNET

Koch aveva spinto un suo collaboratore, George Cornet (1858-1915), ad eseguire il seguente esperimento: presi 147 campioni di pulviscolo raccolto in sale di ospedali, prigioni, case di tisici, laboratori scientifici, facciate di case esposte sulle vie più popolate di Berlino, vennero con questo iniettate 392 cavie.

Le conclusioni furono che il bacillo TBC non è ubiquitario, ma più concentrato attorno all’uomo malato di tubercolosi polmonare e tanto più difficile da trovarsi, quanto meno frequente e breve è la presenza dell’infermo in un ambiente.

Flügge nel 1897 pubblicò un lavoro (“Riguardo ai prossimi compiti per lo studio del modo di diffusione delle Tisi“), che avrebbe creato molto fermento tra la classe medica del tempo.


il lavoro di Flugge

Un ambiente operatorio nel 1910. Si noti l’assenza di maschera chirurgica al volto del chirurgo.

Con la partecipazione di tutta la sua equipe, Flugge eseguì una serie di esperimenti che provavano inequivocabilmente l’esistenza di una via di contagio respiratorio della tubercolosi.
Il malato che tossisce, o anche solo parlando, emette delle goccioline di saliva microscopiche che mantengono in sospensione un certo numero di batteri vivi e virulenti che possono penetrare nella bocca e nel naso dell’interlocutore. Prima delle esperienze di Flügge era l’ambiente abitato dal malato ad essere considerato causa d’infezione; o meglio il malato doveva prima infettare i luoghi da lui attraversati, per poi trasmettere ad altri la malattia. Flügge invece dimostrò come non ci volessero tramiti (né oggetti di vestiario, polvere, suppellettili, o altro) ma il malato potesse direttamente contagiare gli altri.


L’ESPERIMENTO

Jan Mikulicz Radecki in sala operatoria presso l’Università di Breslavia (1899).

Flugge fece entrare un malato di tubercolosi in un box di vetro di 3 mc., lo fece accomodare al centro su di una sedia e di fronte gli mise un tavolo (di 78 cm. X 50 cm.) su cui vi erano piastre Petri aperte e alcuni vetrini porta-oggetti; altre piastre erano poste su tutte le pareti interne del box, a diversa distanza dal suolo. Invitò il paziente a parlare, a tossire, comportandosi normalmente. Alla fine dell’esperimento, venne fatto uscire con molte precauzioni, per non creare troppe correnti d’aria. Il materiale raccolto sulle piastre e sui vetrini, in parte veniva osservato fresco al microscopio, in parte era diluito in acqua sterile, incubato e iniettato nel peritoneo di conigli che dopo 10 giorni venivano sacrificati e analizzati.

La percentuale di animali infettati e di vetrini positivi ai bacillo di Koch superava il 70%; in un’altra sessione di esperimenti, svolti nelle stesse condizioni precedentemente descritte, si invitò il paziente a tenere un fazzoletto davanti alla bocca: la percentuale di positività nei vetrini e negli animali scese al 30%.


RIFERIMENTI:

 

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