Ugo Cerletti e l’elettroshock

UNA DELLE INVENZIONI AL CONTEMPO PIU’ INUTILI E FAMOSE DEGLI SCIENZIATI ITALIANI DEL NOVECENTO: UGO CERLETTI E LA ‘TERAPIA CONVULSIVANTE ELETTRICA’ (TEC), CHIAMATA COMUNEMENTE ELETTROSHOCK.

 

pratica dell’elettroschock

Ugo Cerletti (1877-1963) era figlio di Giovanni Battista Cerletti, illustre enologo di Chiavenna stabilitosi a Conegliano per dirigere la locale Scuola Enologica.
Nel 1895 dopo aver conseguito il diploma liceale decise di iscriversi a Medicina. Terminato il primo anno di studi, poiché la famiglia si stabilì a Milano, si trasferì presso l’università di Torino dove trascorse due anni. Nel 1898 fece poi ritorno a Roma dove studiò con Giovanni Mingazzini (Ancona, 15febbraio 1859 – Roma, 3dicembre 1929)ed Ezio Sciamanna (docenti di neuropatologia il primo e di psichiatria il secondo). Approfondì i suoi studi con i più eminenti neurologi del suo tempo, prima a Parigi, con Pierre Marie ed Ernest Dupré, e poi a Monaco, con Emil Kraepelin (Neustrelitz, 15febbraio 1856 – Monaco di Baviera, 7ottobre 1926; considerato il “padre” della psichiatria scientifica moderna) e Alois Alzheimer (Marktbreit, 14giugno 1864 – Breslavia, 19dicembre 1915; lo scopritore della demenza che da lui prende il nome).
Successivamente studiò a Heidelberg, con il neuropatologo Franz Nissl (Frankenthal, 9settembre 1860 – Monaco di Baviera, 11agosto 1919). Tornato dal soggiorno in Germania, Cerletti frequentò il suo ultimo anno di corso presso l’Università di Roma.


la carriera professionale

Ugo Cerletti (Conegliano, 26settembre 1877 – Roma, 25luglio 1963)

Nel 1922 divenne direttore del laboratorio neurobiologico dell’Ospedale psichiatrico di Mombello, a Milano. Nel 1925 fu professore di neuropsichiatria all’Università di Bari, e nel 1928 subentrò ad Enrico Morselli come direttore della Cattedra di neuropsichiatria all’Università di Genova. Cerletti, come molti scienziati italiani, credette alla retorica del rinnovamento della scienza promessa dal nuovo governo fascista e il suo assenso formale al regime venne sancito il 31 luglio 1933. Nel 1935 divenne direttore della clinica neuropsichiatrica dell’Università “La Sapienza” di Roma, dove sviluppò e introdusse insieme a Lucio Bini la Terapia ElettroConvulsionante per il trattamento di numerose forme di disturbo mentale.


la tec

Macchina per elettroshock di Ugo Cerletti conservata al Museo di Storia della Medicina dell’Università “La Sapienza” di Roma

Cerletti arrivò a utilizzare l’elettroshock terapeutico sull’uomo dopo gli esperimenti da lui condotti sugli animali circa le conseguenze neurologiche di ripetute crisi epilettiche. L’idea di utilizzare la TEC su pazienti neuropsichiatrici gli venne dopo aver osservato alcuni maiali che venivano anestetizzati con una scarica elettrica prima di essere condotti al macello.
L’idea alla base dell’approccio era fondata sulle ricerche effettuate dal premio Nobel Julius Wagner-Jauregg (7marzo 1857 – 27settembre 1940) sull’uso di convulsioni indotte attraverso la malaria per la cura di alcuni disturbi nervosi e mentali – come la demenza paralitica causata dalla sifilide – nonché sulle teorie sviluppate da Ladislas Meduna, secondo il quale la schizofrenia e l’epilessia erano disturbi antagonisti; ricerche e teorie che nel 1933 portarono il neurologo ucraino di origine ebrea Manfred Sakel (Nadvorna, 6giugno 1900 – New York, 2dicembre 1957) a sviluppare la “terapia del coma insulinico” in psichiatria.


una terapia per la schizofrenia

la TEC in USA

A Genova, e successivamente a Roma, Cerletti usò apparati elettroconvulsivanti per provocare attacchi epilettici ripetibili e controllabili su cani e altri animali. Nel 1937 a Münsingen, in Svizzera, durante un convegno sulle nuove cure per la schizofrenia, il professore cercò consensi e collaborazione sull’impiego dell’elettricità come mezzo convulsionante ma il suo intervento passò del tutto sotto silenzio. Sempre nel 1937 si tenne in Italia un convegno sulle nuove cure per la schizofrenia dove il professore espose i dati ottenuti dalle prime ricerche.
Cerletti usò per la prima volta la terapia elettro-convulsivante l’11aprile del 1938, in collaborazione con Lucio Bini (Roma, 18 settembre 1908 – Roma, 15 agosto 1964), su un paziente di quarant’anni affetto da schizofrenia con sintomi di delirio, allucinazione e confusione; una serie di elettroshock terapeutici permisero al paziente di tornare ad uno stato mentale di normalità. Dopo due mesi di prove sui pazienti Cerletti decise di presentare il nuovo metodo di cura alla comunità scientifica tenendo una relazione, con tanto di dimostrazione su un malato, all’Accademia di Roma di cui fu membro fin dal 1936. Il successo fu immediato. Già nell’Ottobre del 1938 l’apparecchio per provocare lo shock iniziò ad essere prodotto.


la tecnica della tec

KONVULSATOR, strumento per la TEC usato tra gli anni settanta ed ottanta del novecento.

Il dizionario medico Larousse riporta i valori utilizzati da Cerletti: 125-135 volt, 0,3-0,6 ampere, per 1/10 di secondo; specifica anche che una crisi si ottiene anche con soli 60 volt (assenza epilettica o infra-crisi). Gli apparecchi usati prendono il nome di “apparecchio di Lapipe e Rondepierre” e “apparecchio di Delmas-Marsalet“. L’elettroshock agiva tramite una serie di modificazioni neurofisiologiche e neurochimiche attraverso un processo di “benefica semplificazione strutturale” cioè mediante la distruzione sparsa di neuroni.
Ancora oggi esistono molte teorie riguardo al meccanismo di azione. La terapia costituì una novità radicale poiché permise di provocare la crisi epilettica senza alcuna operazione chirurgica sul cervello o somministrazione di tossici convulsionanti.


studio dell’epilessia ed effetti collaterali

Immagine tratta dal film ‘Qualcuno volò sul nido del cuculo’, opera letteraria contro gli abusi della psichiatria in generale e della TEC in particolare ambientato negli USA degli anni sessanta del novecento.

Inoltre l’elettroshock consentì uno studio frazionato dell’attacco epilettico: con il suo impiego fu cioè possibile studiare l’attacco completo nelle sue varie fasi attraverso un’opportuna graduazione dello stimolo elettrico.
Inizialmente la terapia veniva praticata su pazienti coscienti, senza l’uso di anestesia e rilassanti muscolari. I pazienti perdevano conoscenza durante la seduta e subivano violente contrazioni muscolari incontrollate, che a volte potevano causare fratture ossee (specialmente alle vertebre) e stiramenti muscolari.

Con il miglioramento farmacologico delle terapie per le malattie mentali, nella seconda metà del XX secolo l’uso dell’elettroshock si è notevolmente ridotto.


riferimenti:

2 pensieri su “Ugo Cerletti e l’elettroshock


  1. A mia moglie negli anni 60 per anoressia furono applicate
    7 elettroshock al centro neurologico di Milano dal Dott. BOERI
    risultato, non venne risolto il problema.
    A distanza di anni è rimasto nella mente che fu una terapia inutile e con
    effetti disastrosi per la continua sonnolenza, mai risolta.
    Questo è il mio pensiero
    Gianfranco Mambretti

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