Napoli al tempo del colera

Napoli al tempo del colera


Cinquantesimo anniversario dell’epidemia di colera

Il 2023 appena concluso ha visto, tra varie importanti ricorrenze, il cinquantesimo anniversario dell’epidemia di colera, scoppiata a Napoli agli sgoccioli dell’estate del 1973. Sebbene l’episodio venga, in modo approssimativo, circoscritto alla sola Napoli, in realtà si trattò di un fatto sociale, politico ed economico che ebbe conseguenze significative in tutto il territorio nazionale. In particolare la pandemia interessò, tra l’agosto e il novembre di quell’anno, soprattutto Napoli, Bari e Cagliari.
Tale anniversario ci induce ad una approfondita rivisitazione storica da diverse prospettive, non solo dal punto di vista medico, ma anche per le conseguenze economiche, demografiche e sociali che ne derivarono nella città partenopea e che può insegnarci molto per il futuro, visto che ormai pochi ne hanno memoria.


la settima pandemia

Schema di patogenesi di infezione da Vibrione del Colera.

Si ritiene che quella del 1973 sia stata la settima pandemia (causata dal vibrione del Colera, biotipo El Tor) nel corso degli ultimi due secoli, iniziata nel Subcontinente indiano nel 1961 e terminata nel 1975 ad Odessa.
Sotto accusa furono messe le cozze, ma è al degrado dell’area napoletana che va imputata questa epidemia. All’epoca, infatti, la diffusione del colera venne riportata all’importazione di cozze dalla Tunisia, dove il colera si era diffuso nel maggio del 1973, e si pensò che i molluschi fossero il principale mezzo di trasmissione del batterio. In realtà poi fu accertato che il ceppo responsabile dell’epidemia era diffuso nelle acque marine, a causa dell’inadeguatezza del sistema fognario di Napoli, colpendo i bagnanti.


inadeguatezza del sistema fognario

Un articolo pubblicato sull’Unità del 29 agosto 1973.

Inoltre alle acque di scarico fognarie si aggiungevano anche gli scarti di lavorazione industriale. Il mare che bagnava Napoli era lo specchio della drammatica condizione ambientale dell’intera città e provincia partenopea. Lo spazio acqueo era aggredito dall’inefficienza del sistema fognario che era articolato in un impressionante numero di alvei di raccolta scoperti e alla presenza di decine di scarichi che rilasciavano direttamente in mare le acque nere prodotte da una città che, in poco meno di un ventennio, aveva raddoppiato la propria popolazione e la propria estensione territoriale.
Fu così che la nostra città dovette fare i conti con l’insorgere di una epidemia del tutto inaspettata. Il 20 agosto 1973 Linda Heyckeey, una ballerina inglese morì all’Ospedale dei Pellegrini di Napoli con una diagnosi di enterocolite, ma che poi si sarebbe scoperta come la prima persona morta per l’epidemia di colera.


Allarme Colera

Un cartello vieta la raccolta di mitili nello specchio di mare antistante il castel dell’ovo, a Napoli, ottobre 1973.

Fu il primario Antonio Brancaccio dell’ospedale di Torre del Greco, dove una donna morì il 26 agosto, a ipotizzare che la malattia responsabile potesse essere una forma di colera. E il 29 agosto il Mattino aprì la prima pagina con la notizia di sette morti e più di 50 ricoverati all’Ospedale Cotugno e partì l’allarme del colera.
Complessivamente in tutti i focolai si registrarono 277 contagi e 24 morti, la maggior parte delle quali (19), avvenute a Napoli città, nel cui ospedale di riferimento, il Cotugno, ci furono circa 800 ricoverati. È possibile comunque che sia i casi di infezione che i morti siano stati di più e non accertati. In pochi giorni la città piombò in una psicosi generale. Il contenimento dell’infezione fu, senza dubbio, conseguenza della campagna di vaccinazione di massa della popolazione, iniziata il primo settembre di quell’anno, attraverso una rete di centinaia di centri vaccinali gestiti dalle autorità sanitarie nei luoghi più diversi, dalle farmacie alle sezioni dei partiti politici, a un palazzetto e perfino dal personale sanitario della NATO, che portò alla data del 5 settembre 1973 alla vaccinazione di un milione e duecentomila persone.


La campagna di vaccinazione di massa

Folla di persone davanti a una farmacia per la vaccinazione contro il colera a Napoli, nel settembre del 1973.

E tale campagna insieme ad altre pratiche igieniche come la disinfezione straordinaria della città, irrorando nelle strade 1.500 tonnellate di disinfettante, riuscirono ad arginare la diffusione del batterio. Furono adottate diverse contromisure dal governo sull’intero territorio nazionale: la chiusura dei luoghi di intrattenimento e socialità nelle zone colpite, il divieto della produzione, vendita e consumo di prodotti di mitilicoltura a livello nazionale, divieto di commercializzare prodotti agricoli provenienti dalle zone infette. Si trattò di una serie di atti e decisioni che stravolsero la vita del Paese, suscitando però proteste e rivolte. A Napoli l’ultimo caso fu registrato il 19 settembre e l’epidemia potè considerarsi conclusa il 12 ottobre.
Il colera, dunque, non fu una catastrofe naturale ma un disastro antropico. L’epidemia fece emergere in modo drastico un insieme complesso di elementi sommersi ma, tuttavia, caratterizzanti della condizione economica, sociale e igienico-sanitaria di Napoli così come della maggior parte del Mezzogiorno italiano.


un disastro antropico

La Napoli del 1973 era una metropoli in cui convivevano strati sociali eterogenei, segnati da profonde disuguaglianze. Era a quel tempo una città dal tasso di mortalità infantile più alto d’Europa, nella quale era endemica la presenza di malattie gastrointestinali come il tifo e l’epatite virale. Con una popolazione che viveva uno spazio urbano tra i più sovraffollati del mondo e dove fenomeni come il lavoro nero, minorile, irregolare e sommerso erano fattori costitutivi di una normalità d’eccezione.
L’infezione colerica del 1973 a Napoli, dunque, si innestò su una situazione di criticità economico-sociale complessa, una sorta di punto di non ritorno di un modello di sviluppo e modernizzazione, da più lati, derubricato ad una semplice condizione di sottosviluppo.
Quella del 1973 è stata l’ultima epidemia di colera nel nostro Paese. In seguito, a parte qualche caso isolato non significativo, non ce ne sono state più altre anche se oggi la malattia persiste ed è endemica in molti paesi in Africa, Asia e nelle Americhe ed un rischio di importazione dalle aree endemiche esiste sempre. E seppure il colera a Napoli non ci sia più, esiste purtroppo ancora, a 50 anni dall’evento, in qualche modo un pregiudizio nei confronti della nostra città.


  • Articolo pubblicato su “Il Mattino” di Napoli il 25 gennaio 2024

 

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