Il primo ospedale militare a padiglioni in America: il nosocomio “Chimborazo” di Richmond
“Può sembrare strano affermare il principio che il primo vero requisito di un ospedale, sia quello di non danneggiare il malato!”
[Florence Nightingale (Firenze, 12maggio 1820 – Londra, 13agosto 1910)]
La guerra non è che un’epidemia di traumi!
[Cit.]
LE BASI DELLA GUERRA CIVILE AMERICANA
Con il programma del Partito Repubblicano del 17 maggio 1860, si gettano le basi della guerra civile americana. Nel punto 8 infatti si legge chiaramente:
That the normal condition of all the territory of the United States is that of freedom; that as our republican fathers, when they had abolished slavery in all our national territory, ordained that no “person should be deprived of life, liberty or property, without due process of law,” it becomes our duty, by legislation, whenever such legislation is necessary, to maintain this provision of the constitution against all attempts to violate it; and we deny the authority of congress, of a territorial legislature, or of any individuals, to give legal existence to slavery in any territory of the United States.
GLI STATI DEL NORD
I delegati repubblicani dichiaravano… che la condizione normale di tutto il territorio degli Stati Uniti era quella della libertà; e che come i loro padri (fondatori) della repubblica (federale), quando ebbero abolito la schiavitù in tutto il loro territorio nazionale (infatti dopo che la rivoluzione americana portò alla fondazione degli Stati Uniti d’America, gli Stati del Nord, a cominciare dalla Pennsylvania nel 1780, approvarono una legge che nel corso dei successivi due decenni doveva abolire la schiavitù; il Massachusetts ratificò una costituzione che dichiarava tutti gli uomini uguali; in altri Stati della federazione, come la Virginia, simili dichiarazioni dei diritti vennero interpretate dai giudici come non applicabili agli africani), essi decretavano che nessuna “persona avrebbe dovuto essere privata della vita, della libertà o della proprietà, senza un regolare processo”, e che ciò diventava proprio dovere legale, ogni volta che bisognava applicare questa legge, mantenere questa disposizione costituzionale, contro ogni tentativo di violarla; e che dunque essi negavano l’autorità di un congresso, di una legislatura territoriale, o di qualsiasi individuo, di dare esistenza legale alla schiavitù in ogni territorio degli Stati Uniti.
GLI STATI DEL SUD
Gli stati del Sud, che basavano la loro economia agricola (principalmente cotone e tabacco) sullo sfruttamento della schiavitù, semplicemente non potevano applicare questa Legge, ricordiamo già esistente e diffusa al Nord, che rendeva tutti gli uomini liberi, con diritto di voto e di salario adeguato, per non far perdere i privilegi dei grandi proprietari terrieri, che costituivano i serbatoi di voti per le elezioni.
Gli stati del Sud si staccheranno così dagli USA, come consentito dalla costituzione, formando gli Stati Confederati d’America (CSA). Gli stati del Nord non potevano accettare la secessione dei sudisti, considerati ribelli, che indeboliva il potere nazionale e internazionale dello stato federale.
UNA GUERRA ‘INEVITABILE‘
Il casus belli fu trovato nell’impossibilità di rifornire una fortezza federale, Fort Sumter, situata nei pressi del porto di Charleston, quindi in seno a uno stato confederato, la Carolina del Sud. I federali tentarono di forzarne il blocco, costringendo i sudisti ad attaccare per primi.
I militari morti durante la guerra civile americana (1861-1865) superano di gran lunga la somma di quelli deceduti negli altri eventi bellici che hanno coinvolto gli USA, sia prima che dopo la guerra di secessione stessa. Infatti la cifra di 620.000 caduti da ambo le parti durante la guerra civile è, per alcuni autori, addirittura sottostimata, superando verosimilmente gli 850.000 morti.
una forte richiesta di sanità militare
Fin dall’inizio la guerra civile americana creò un’imprevista necessità di posti letto ospedalieri, visto il grande numero di militari malati e feriti, che né i nordisti né i confederati potevano soddisfare.
Infatti, anche prima delle ferite in battaglia, i nuovi arruolati spesso contraevano, negli accampamenti militari, malattie contagiose.
Dopo i violenti combattimenti il gran numero di feriti mise a dura prova le già scarse risorse sanitarie: medici e ambulanze limitati, infermieri non adeguatamente formati, mancanza di forniture mediche, assenza quasi assoluta di ospedali militari.
A quest’ultima carenza si sopperì utilizzando, come spazi ospedalieri temporanei, hotel, fienili, fattorie, magazzini di tabacco, persino il Campidoglio a Washington.
calcoli militari sbagliati
All’inizio entrambi i contendenti credevano in una durata breve del conflitto. La guerra però continuò, diventando sempre più sanguinosa. Divenne presto chiaro che erano necessari nuovi presidi ospedalieri permanenti.
I vertici della sanità militare, di entrambe le fazioni, stabilirono quindi la costruzione di nuovi ospedali.
Seguendo il modello europeo, sudisti e nordisti, condivisero l’idea che l’ospedale a padiglioni offriva migliori garanzie di guarigione, restituendo al fronte il maggior numero di soldati.
L’ospedale a padiglioni concepito durante la guerra di secessione, prevedeva piccole costruzioni, divise in reparti o unità, generalmente lunghe e strette, che incorporavano più finestre, usualmente montate a coppie opposte per permettere la ventilazione incrociata. Le dimensioni delle finestre erano standardizzate per sfruttare al meglio la luce solare.
L’OSPEDALE A PADIGLIONI
Era stato studiato anche un accurato distanziamento dei letti, per aumentare lo spazio a disposizione del singolo paziente. Ogni malato infatti aveva a disposizione uno spazio di circa trenta metri cubi (quasi il doppio rispetto agli standard prebellici).
Nei nuovi ospedali in costruzione si diede grande importanza all’approvvigionamento idrico e al sistema fognario, essenziale per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti corporei.
L’ospedale a padiglioni iniziò a essere progettato e costruito in Europa verso la fine del XVIII secolo. Segue uno schema di sviluppo orizzontale: i vari edifici che lo compongono, di limitata altezza, sono disposti in un’ampia zona, separati fra loro, per ridurre la possibilità di infezioni.
MIGLIORAMENTO DEL TASSO DI MORTALITA’
Negli anni si era infatti constatato che i tassi di mortalità erano molto più bassi in alcuni ospedali rispetto ad altri, anche se le ragioni erano sconosciute.
Florence Nightingale condusse una serie di ricerche studiando la progettazione e la sopravvivenza degli ospedali utilizzati durante la guerra di Crimea (1853-1856). In seguito ampliò il suo studio, includendo anche ospedali europei, ed elaborando poi i dati con metodi statistici. La Nightingale concluse che l’ospedale a padiglioni offriva le maggiori possibilità di guarigione. Il miglioramento della ventilazione era un fattore particolarmente importante, così come l’igiene, per la prevenzione della diffusione delle malattie.
Oggigiorno la connessione tra maggiore pulizia e buona ventilazione, con il mantenimento o il raggiungimento di uno stato di salute, sembra ovvia, ma nella metà dell’ottocento fu una scoperta significativa. Bisognerà aspettare fino al 1867, infatti, l’introduzione del concetto di antisepsi in chirurgia, grazie a Lister.
The Medical and Surgical History of the War of the Rebellion
E’ interessante comunque notare il generale miglioramento della sopravvivenza dopo amputazione nella guerra civile americana, rispetto alla guerra di Crimea, quando effettuata entro le 48 ore dal trauma (tabella II, da Reilly R.F.: Medical and surgical care during the American Civil War, 1861–1865. Proc (Bayl Univ Med Cent); 29(2), 138-142, 2016).
DECINE DI MIGLIAIA DI CASI CLINICI
La guerra civile americana è stata oggetto di studio approfondito in vari campi, ivi compreso quello della sanità.
La monumentale “The Medical and Surgical History of the War of the Rebellion, 1861-1865” in 6 volumi, è stata pubblicata tra il 1870 e il 1888, sotto la direzione dell’Ufficio del Chirurgo Generale degli Stati Uniti. L’ opera descrive in dettaglio decine di migliaia di casi chirurgici e internistici verificatesi durante la guerra di ribellione dei sudisti.
È interessante notare che nei paesi anglosassoni non si parla mai di guerra di secessione, ma di guerra civile o di guerra di ribellione degli Stati Confederati d’America (CSA).
UN OPERA RICCAMENTE ILLUSTRATA
L’opera riccamente illustrata include numerosi riassunti statistici relativi a malattie, ferite e decessi sia nell’esercito dell’Unione che in quello Confederato.
I dati riportati sono una fonte fondamentale per la storia della medicina militare.
L’opera ha anche un eccezionale valore artistico, includendo incisioni su legno, litografie, cromolitografie, fotografie, eliotipie etc. Quasi tutti i processi riproduttivi disponibili all’epoca possono essere trovati all’interno di questi sei volumi rilegati.
Per i cultori l’opera è disponibile in PDF online.
Esiste anche un riassunto dell’opera in italiano: “Compendio di Chirurgia di Guerra compilato sulla storia medico-chirurgica della guerra di secessione d’America“, scritto dagli ufficiali medici Baroffio Felice e Sforza Claudio. Carlo Voghera, Roma 1886, in quattro volumi.
TIPI DI LESIONI
Prima di interpretare i dati relativi alle lesioni in combattimento, è importante riconoscere i limiti delle segnalazioni.
Infatti, per essere schedato, il soldato ferito doveva essere trasportato in un ospedale da campo; questo sicuramente ha portato ad una sottostima delle morti per colpi di cannone. Il maggior numero di ferite risultano dall’utilizzo della pallottola tipo Minié (dal nome dell’inventore). Questa pallottola per fucili ad avancarica, aveva un calibro 0.58, era fatta in piombo tenero, di forma conica, cava all’interno.
Nell’impatto la Minié si appiattiva, creando una ferita che si allargava man mano che il proiettile si spostava più in profondità nei tessuti. Frantumava l’osso sopra e sotto il punto di impatto.
A causa della sua velocità relativamente lenta e della deformazione, la Minié generalmente non usciva dalla ferita e portava frammenti di vestiti, pelle e batteri in profondità nei tessuti.
SEDI DELLE FERITE
La maggior parte delle ferite d’arma da fuoco interessavano gli arti, con una mortalità bassa, vedi tabella ferite.
Tabella FERITE; suddivisione delle ferite, in relazione alla sede corporea e all’esito: morte sul campo di battaglia o ricovero in ospedale:
Sito della ferita |
Uccisi in battaglia |
Ricoverati in ospedale |
Tronco |
51% |
18% |
Testa e collo |
42% |
11% |
Arti inferiori |
5% |
35% |
Arti superiori |
3% |
36% |
Le ferite al torace e all’addome erano spesso mortali.
AMPUTAZIONI
Tre interventi chirurgici su quattro erano amputazioni, con una durata media tra i 2 e i 10 minuti. Come piccola consolazione, bisogna evidenziare che le tecniche anestesiologiche erano impiegate negli USA già dagli anni quaranta dell’ottocento.
Durante la guerra l’anestetico più usato fu il cloroformio, perché rapido, efficace in piccole quantità e non infiammabile se puro.
il problema delle infezioni
Le infezioni erano ovviamente un grave problema, non essendo disponibili gli antibiotici. Il pus bonum et laudabile era spesso e cremoso (generalmente legato a infezione Stafilococcica), con una prognosi migliore rispetto al pus maligno. Quest’ultimo era meno viscoso, più fluido e sanguinolento, verosimilmente legato a infezioni da Streptococco.
La gangrena ospedaliera era un tipo particolare di fascite necrotizzante, verosimilmente da Streptococco, con una mortalità vicina al 45%. Il trattamento consisteva nell’asportazione dei tessuti necrotici e nella successiva infiltrazione dei margini con bromo, sotto anestesia. La ferita veniva poi fasciata con bende imbevute di bromo e i pazienti venivano isolati. Le infermiere addette alle medicazioni si lavavano le mani, fra un paziente e l’altro, con soluzioni clorurate, e vi era anche per loro il pericolo di erisipela.
malattie castrensi
La malattie castrensi non legate ai trauma in battaglia erano dovute a vari fattori, compresi i campi sovraffollati e sporchi. Le latrine spesso non venivano utilizzate, oppure non venivano coperte quotidianamente, permettendo alle mosche di fungere da vettori. Non era raro che i rifiuti organici contaminassero le riserve di acqua potabile.
La qualità del cibo era scadente sotto diversi punti di vista. Era mal conservato, mal cucinato e mancava di vitamina C sufficiente a prevenire lo scorbuto.
I farmaci veramente efficaci erano scarsi. Si impiegava il chinino nella malaria, la morfina, il cloroformio.
La soluzione di Fowler, contenente arsenico, era impiegata per trattare la febbre con ottimi risultati. Purtroppo il liquore arsenicale era estremamente tossico. Nella medicina ippocratica e poi galenica vi sono alcuni sparuti utilizzi clinici dell’arsenico, considerato essenzialmente un veleno. A partire dal 1700, grazie ai contatti degli inglesi con la medicina tradizionale cinese, i sali di arsenico furono rivalutati, e si cercò di ridurre la loro tossicità. I cinesi credevano che l’assunzione di piccole dosi quotidiane di arsenico, avessero proprietà toniche e antifebbrili.
farmaci
Il calomelano (cloruro mercuroso) era impiegato come antidiarroico. Purtroppo il mercurio veniva poi escreto in alte concentrazioni con la saliva, causando scialorrea, parodontite con perdita di denti, stomatiti fino alla gangrena del cavo orale. Un caso famoso di intossicazione da calomelano, è legato a Louisa May Alcott, l’autrice del best seller “Piccole donne“, che servì durante la guerra come infermiera volontaria.
Un altro caso di intossicazione da calomelano, divenne famoso perché Carleton Burgan, fu il primo paziente a essere sottoposto a chirurgia plastica negli USA. Burgan, un soldato unionista diciottenne, fu ricoverato per una polmonite il 4 agosto 1862, e trattato con calomelano. Dopo soli due giorni di trattamento sviluppò un’ulcera linguale, che divenne poi gangrenosa distruggendo il cavo orale superiore, la guancia e l’occhio destro. Il Dr. Gurdon Buck (4maggio 1807 – 6marzo 1877), pioniere della chirurgia plastica, dell’ospedale cittadino di New York, eseguì cinque interventi, permettendo al giovane soldato di vivere con minimi deficit. Burgan morì nel 1915.
MALATTIE COMUNI DURANTE AL GUERRA CIVILE AMERICANA
Le malattie più comuni fra i militari di truppa erano i disturbi gastro-intestinali, con un’incidenza di 711 casi su 1000 soldati per anno. Fortunatamente la mortalità per diarrea acuta e dissenteria era bassa, circa 10 casi su 1000 per anno. Anche la febbre tifoide imperversava per la scarsa igiene dei campi militari.
La malaria era molto frequente, specie al Sud, dove non c’era la possibilità di fornire il chinino ai soldati. Fu il chirurgo William H. Van Buren (5aprile 1819 – 25marzo 1883), nel 1861, a scoprire che il chinino poteva essere usato nella profilassi della malaria.
La febbre gialla imperversava al Sud, finché non si scoprì la relazione con le navi provenienti dai caraibi. La quarantena imposta alle navi ridusse drasticamente i casi.
Vi furono anche epidemie di morbillo e di vaiolo.
VACCINAZIONI SFORTUNATE
Il vaccino antivaioloso era già stato scoperto da Jenner settant’anni prima della guerra di secessione, ma non tutti gli americani erano vaccinati. Durante la guerra si provò a correre ai ripari, ma il materiale di origine animale scarseggiava.
Si cercò quindi di utilizzare il materiale aspirato dalle pustole di soggetti vaccinati; sfortunatamente questa misura d’emergenza, diede luogo, in molti casi, alla trasmissione della lue.
OSPEDALI A PADIGLIONI
Il primo ospedale a padiglioni costruito durante la guerra civile americana, fu il Chimborazo di Richmond, la capitale confederata, in Virginia. Costruito a partire dall’ottobre 1861 e inaugurato nell’aprile del 1862, comprendeva 150 padiglioni e 4.000 posti letto (arrivando fino a 4800: all’epoca il più grande ospedale al mondo).
In tre anni, fino all’aprile del 1865, si trattarono oltre 76.000 pazienti, con una mortalità di circa il 9 % (il miglior ospedale nordista arrivò ad una mortalità del 10%). Una così bassa mortalità, oltre alle qualità ospedaliere, era legata a due fattori importanti: 1) i pazienti erano spesso malati internistici; 2) i militari feriti per raggiungere l’ospedale, dovevano spesso percorrere lunghissimi tragitti: i più gravi morivano durante il trasporto.
SULLA COLLINA DI CHIMBORAZO
La collina di Chimborazo è una delle sette colline di Richmond, il nome riprende quello di un vulcano equadoregno a cui somiglia.
Durante l’estate del 1861, le truppe confederate appena arruolate si radunarono a Richmond, la capitale degli Stati Confederati, per organizzarsi. La collina di Chimborazo, un altopiano brullo di quaranta acri (oltre 160.000 metri quadri) all’estremità orientale della città, fu scelta come campo per i soldati.
GLI EDIFICI DEL CHIMBORAZO
Fra la fine di settembre e l’inizio di ottobre del 1861, una forza lavoro formata da schiavi, iniziò a erigere i quartieri invernali permanenti sul sito. I piani prevedevano caserme per i soldati, alloggi per gli ufficiali, tre ospedali e un grande forno. Quando i soldati andarono in prima linea, lasciarono dietro di loro circa 100 edifici in legno, praticamente nuovi, che furono requisiti da Samuel P. Moore, il chirurgo generale degli Stati Confederati d’America, per l’istituzione del grande ospedale a padiglioni. Una parte dell’ospedale era destinata all’isolamento dei casi di vaiolo.
Gli edifici adibiti a corsie, erano circa 90 e potevano ospitare circa 40 posti letto, con una capacità totale di circa 3.600 pazienti. In caso di necessità, per aumentare i posti letto, venivano erette delle tende.
I pavimenti e le pareti di legno erano state rivestite di calce sia all’interno che all’esterno. Ogni corsia aveva in dotazione una stufa. Tre porte e dieci finestre correvano lungo ogni lato per l’accesso e la ventilazione.
SAMUEL PRESTON MOORE
Moore si impegnò a fondo per aumentare la conoscenza professionale e tecnica dei medici confederati formando un’organizzazione professionale, the “Association of Army and Navy Surgeons of the Confederate States“, fondando il “Confederate States Medical and Surgical Journal“, e scrivendo “A manual of military surgery” (1863). Il manuale fornisce istruzioni esatte (con disegni illustrativi) per eseguire le operazioni correttamente, anche ai chirurghi meno esperti.
LO STAFF CHIRURGICO DI CHIMBORAZO
Moore nominò al comando del nuovo complesso ospedaliero, un promettente medico di Richmond, il dottor James B. McCaw, con il grado di chirurgo in capo.
Uno staff di chirurghi, ufficiali medici, di solito tra i 20 e i 30, vegliava su quell’enorme mole di pazienti. Chirurghi a contratto venivano inoltre assunti secondo la necessità e i medici civili, occasionalmente, offrivano volontariamente il loro aiuto.
McCaw suddivise l’enorme nosocomio di Chimborazo in cinque ospedali divisionali, nominando per ciascuno un chirurgo capo. Il gruppo degli uomini che svolgevano l’assistenza infermieristica quotidiana era formato sia da soldati disabili, non più adatti a combattere, che da schiavi noleggiati ai loro proprietari.
UNA GRANDE CITTADINA
Vi erano anche donne, di solito nella funzione di matrone. Queste aiutavano a nutrire i soldati, scrivevano lettere per loro, somministravano medicine, organizzavano le cucine, imponevano la disciplina e in genere cercavano di essere una presenza amichevole costante per i malati.
Il dottor McCaw fece costruire delle cucine, cinque ghiacciaie, una grande stalla, un edificio per il corpo di guardia, una cappella, una lavanderia, una panetteria, dei magazzini, edifici per le scorte di acqua, delle strutture ricreative, una bottega di fabbro, cinque obitori e vari spacci, portando il numero totale di edifici del nosocomio a circa 150.
Il complesso ospedaliero di Chimborazo si presentava al visitatore come una grande e attraente cittadina. Gli edifici erano perfettamente allineati, mantenuti bianchi con la calce, separati l’uno dall’altro da ampi e puliti viali, adatti per passeggiare.
BATTAGLIE SANGUINOSE
Nell’estate del 1862, i feriti dalle battaglie dei sette giorni riempirono l’ospedale oltre la sue capacità. Ricordiamo che l’armata della Virginia Settentrionale di Lee ebbe, in quel frangente, oltre 16.000 feriti.
Per far fronte all’eccedenza di pazienti, vennero installate numerose tende Sibley, che ospitavano da otto a dieci soldati per tenda, e il nosocomio continuò a funzionare come prima.
LE MATRONE CAPOREPARTO
Il 27 settembre 1862, il presidente confederato Jefferson Davis firmò una legge per provvedere al meglio per i malati e i feriti dell’esercito negli ospedali.
La legge prevedeva che ogni ospedale potesse impiegare due matrone caporeparto con stipendi non superiori a quaranta dollari (confederati) al mese per “esercitare una sovrintendenza sull’intera economia domestica dell’ospedale“. Altre matrone, con stipendi inferiori, potevano essere assunte per seguire le pulizie, supervisionare la somministrazione dei farmaci etc.
Le matrone non erano infermiere, ma potevano rimanere in ospedale con vitto e alloggio assicurato. Una delle prime matrone che lavorarono a Chimborazo, fu Phoebe Yates Levy Pember (1823-1913). Phoebe proveniva da una stimata famiglia ebrea di Charleston. Quando il marito morì di tubercolosi, si spostò nella città di Marietta in Georgia.
PHOEBE PEMBER
Lì, nel 1862, la raggiunse la lettera di una sua amica, Mary Elizabeth Adams Pope Randolph, moglie del segretario di guerra confederato.
Le si offriva il posto di matrona caporeparto, presso il secondo ospedale divisionale di Chimborazo. Durante il suo lavoro in ospedale Phobe affrontò con determinazione non solo il dolore e la sofferenza dei suoi pazienti, ma anche la carenza di medicine, cibo e attrezzature. Si prodigò sempre affinché gli ordini dei chirurghi fossero eseguiti correttamente e fossero soddisfatte le esigenze mediche e dietetiche dei malati. Con il progredire della guerra, le vittime si moltiplicarono e i doveri di Phoebe aumentarono. Lavava e medicava continuamente le ferite minori e preparava i casi più difficili per i chirurghi.
Alla fine della guerra, dei 76.000 pazienti che ricevettero cure presso l’ospedale di Chimborazo, ben 15.000 furono quelli supervisionati da Phoebe Pember. Phobe rimase a Chimborazo fino a quando la struttura non fu rilevata dalle autorità federali e i suoi ultimi pazienti dimessi.
UN OSPEDALE SICURO
La capitale confederata, Richmond, non fu mai minacciata direttamente durante la guerra, per cui l’ospedale di Chimborazo, lavorò sempre in sicurezza.
Il 2 aprile 1865, però, le forze unioniste penetrarono le difese confederate a Petersburg, 37 Km a sud di Richmond. Il generale Robert E. Lee, con i resti della gloriosa Armata della Virginia Settentrionale, fu costretto a ritirarsi ad ovest (si arrenderà sette giorni più tardi, in seguito alla sconfitta nella battaglia di Appomattox), per cui Richmond, senza protezione, dovette essere evacuata.
I pazienti ricoverati a Chimborazo che erano in grado di viaggiare, abbandonarono la città, mentre il personale sanitario e i malati gravi, aspettarono l’arrivo delle truppe unioniste.
FINE DELLA GUERRA
Il dottor McCaw consegnò l’ospedale a un gruppo di chirurghi del Nord il 3 aprile 1865. Poco dopo le ambulanze iniziarono a trasportare i feriti unionisti, che furono collocati in reparti separati, lontano dai confederati.
Dopo la fine della guerra, l’ospedale fu convertito in una scuola dal Freedmen’s Bureau per 345 ex schiavi. Gli altri edifici erano occupati da quasi 1.500 altri lavoratori ex-schiavi, che avevano il compito di ripulire Richmond.
Il Freedmen’s Bureau era il nome abbreviato del “U.S. Bureau of Refugees, Freedmen, and Abandoned Lands”, un ufficio governativo funzionante dal 1865 al 1872, preposto ad aiutare i circa 4 milioni di afro-americani liberati dalla schiavitù. La scuola funzionò fino al 1869 e poi chiuse i battenti.
L’OSPEDALE DIVENNE UN PARCO
Gli edifici del nosocomio di Chimborazo scomparvero rapidamente, a causa della necessità di legna nel dopo guerra.
Nel 1874 quando la città volle utilizzare la collina di Chimborazo come parco, erano rimasti pochissimi edifici.
Nel 1959 il National Park Service ha acquisito parte della collina di Chimborazo, compreso l’edificio della stazione meteorologica, che ora funge da centro visitatori per il Richmond National Battlefield Park e il “Chimborazo Medical Museum“.
Autore: dott. Carlo Pizzoni
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
- W. T. Campbell: The Blog Roll: Prime Care. Disponibile su: https://www.historynet.com/blog-roll-prime-care.htm
-
Chimborazo Hospital. Disponibile su: https://www.nps.gov/rich/learn/historyculture/chimborazo.htm
- “Chimborazo Medical Museum“; Richmond, Virginia
A former Confederate hospital serves as a remembrance of wounded and dead soldiers. - https://www.womenhistoryblog.com/2015/10/chimborazo-hospital.html
- http://www.thepastwhispers.com/7_Pines_Chimborazo.html
- Trapani M.M. : “Evoluzione architettonica delle strutture ospedaliere“. Disponibile su: https://www.slideshare.net/trapanimartino/evoluzione-architettonica-ospedali
- Waitt R.W. Jr.’s : Confederate Military Hospitals in Richmond. Richmond Civil War Centennial Committee, 1964.
- O’Neill A.: Number of United States military fatalities in major wars 1775-2021. Disponibile su:
https://www.statista.com/statistics/1009819/total-us-military-fatalities-in-american-wars-1775-present/ - Reilly R.F.: Medical and surgical care during the American Civil War, 1861–1865. Proc (Bayl Univ Med Cent); 29(2), 138-142, 2016.
- United States. Surgeon-General’s Office : The medical and surgical history of the war of the rebellion (1861-65). Washington : G.P.O., 1870-1888. Disponibile su: https://collections.nlm.nih.gov/catalog/nlm:nlmuid-14121350R-mvset
- Bovone G. : L’Arsenico: da strumento di morte ad antitumorale. Disponibile su: http://assets.unifarco.it/museo/it/Assets/riviste/documenti/RivFarm_Ago_2019_Bovone.pdf
- Shampo M.A., Kyle R.A.: Phoebe Pember-Confederate Nurse During the Civil War. Mayo Clinic Proceedings, 71, 9. PI, 1996.
- https://www.nlm.nih.gov/exhibition/bindingwounds/within.html