L’incredibile storia di un ‘auto-cesareo’

L’incredibile storia di un intervento ‘auto-cesareo’

“Non potevo più sopportare il dolore. Se il mio bambino doveva morire, allora ho deciso che avrei dovuto morire anch’io. Ma se doveva crescere, allora sarei stata con sempre con lui e l’avrei visto crescere”.

[Inés Ramírez Pérez, nata nel 1960]

Inés Ramírez Pérez, suo figlio, la ferita chirurgica ed il coltello con cui ha praticato l’intervento ‘auto-cesareo’.

E’ la mezzanotte del 5marzo 2000. Siamo a vicino a Rio Talea, un villaggio nelle montagne del Messico meridionale, nella regione dello Oaxaca.

Inés Ramírez Pérez, una donna di quaranta anni, senza alcuna istruzione medica e che parla la lingua zapoteca più dello spagnolo, è in travaglio da oltre 12 ore. Ines si trova nella sua capanna mentre la clinica ostetrica più vicina dista oltre 50 miglia da percorrere su un terreno del tutto accidentato. Suo marito, che l’aveva assistita nella ore precedenti, adesso sta bevendo in una taverna. Nel villaggio di Inés, abitato da cinquecento persone, c’è un solo telefono, e neanche vicino da casa. Inés ha già avuto otto gravidanze, ed ha partorito sette figli vivi, ma l’ultima, tre anni prima si era conclusa con il decesso del feto durante il travaglio. La donna è decisa, questa volta, che non vorrà vedere un altro figlio nascere morto.


un cesareo auto-indotto

Il dolore è sempre più intenso, ma il feto non vuole venir fuori dalla pancia. Seduta su una panca, la donna decide che è arrivato il momento di ricorrere a mezzi estremi. Prima beve tre bicchieri di alcol denaturato e poi prende in mano un coltellaccio da cucina, con il manico in legno, lungo poco meno di venti centimetri. A questo punto inizia ad incidere sulla pelle, poco sotto l’arcata costale, a destra dell’ombelico, verso il basso, per una lunghezza di 17 centimetri. Dopo la cute ed il tessuto sottocutaneo, Inés, incide verticalmente anche l’utero (nell’intervento normale di taglio cesareo, l’incisione viene eseguita per circa 10 centimetri sulla cosiddetta ‘linea del bikini’ in senso orizzontale). E’ passata un’ora dall’inizio dell’auto-intervento da quando Inés estrae suo figlio dall’interno dell’addome.


Condizioni estreme

A questo punto taglia il cordone ombelicale con una forbice e, subito dopo, sviene. Appena ripresasi, utilizza degli indumenti per coprirsi la ferita e manda uno dei suoi figli, Benito, età sei anni, a cercare aiuto.

Diverse ore dopo, Leon Cruz, l’assistente sanitario del villaggio, ed un altro operatore, arrivano a casa di Inés e la trovano sdraiata su una stuoia di paglia accanto al piccolo neonato vivo. Cruz chiude la ferita praticata dalla donna con ago e filo da sutura. Trascorse 12 ore dal parto, la puerpera viene portata prima in camion in una città sull’autostrada principale e da lì in ambulanza all’Ospedale Generale San Pablo Huixtepec di Zimatlán, che dista diverse di viaggio dal villaggio.


IN OSPEDALE

In ospedale, Inés ed il figlio (arrivato poco dopo con un altro veicolo) trovano ad attenderli due ginecologi e due pediatri. Il neonato sta bene e non necessita di particolari trattamenti sanitari. La madre, invece, viene sottoposta ad un intervento di tre ore per trattare e chiudere adeguatamente le ferite del “taglio autocesareo“.

Inés è stata doppiamente fortunata: 1) per essersi “incrinata” in una posizione che le ha permesso di raggiungere il suo utero e non il suo intestino o altri organi addominali; 2) per aver ingerito una dose molto alta (subletale), ma non mortale, di alcol isopropilico, che viene utilizzato come solvente per la pulizia.


crederci o no?

La notizia si è rapidamente diffusa per tutto il Messico provocando sia entusiasmo religioso per un accadimento descritto come miracoloso ma anche scetticismi. A Inés è stato anche chiesto come sapeva dove tagliare o chi l’aveva guidata nell’operazione? Al che lei rispondeva: “Ho sacrificato una moltitudine di polli e altri animali per tutta la vita“.

Cinque giorni dopo l’intervento, Inés riprendeva la via di casa con il suo piccolo Orlando Ruiz Ramírez.

Oggi Orlando ha più di vent’anni e lavora con il resto della famiglia nei campi.

Gli ginecologi che hanno operato ed assistito Inés Ramírez, i dottori Honorio Galván Espinosa e Jesús Gabriel Guzmán, hanno raccontato il caso l’anno successivo in occasione di incontri medici.


articoli scientifici

Nel 2004, il loro case report è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista “International Journal of Gynecology & Obstetrics“.

Casi di taglio cesareo autoinflitto sono stati segnalati dal XVIII e XIX secolo. Sebbene per lo più mortale per la donna, il bambino o entrambi, ci sono almeno cinque casi di successo documentati noti.

Nel 2013, András Szabó e Ian Brockington hanno pubblicato sulla rivista “Archives of Women’s Mental Health” un articolo intitolato “Auto-Caesarean section: a review of 22 cases“. Gli autori hanno spulciato la letteratura sul taglio cesareo autoinflitto, valutando le circostanze e la probabile motivazione; 19 casi su 22 disponevano di informazioni sufficienti.


AUTO-CESAREI

In sette casi, l’apparente intenzione era quella di uccidere il bambino. In quattro, l’azione era il risultato di una qualche forma di malattia mentale. In otto, la donna, nell’agonia del travaglio, aveva preso in mano la situazione per permettere il parto.

Secondo gli autori, il terzo gruppo sarebbe più numeroso se ci fossero più pubblicazioni dall’Africa e dall’Asia meridionale, dove molte donne partoriscono senza l’ausilio della moderna ostetricia. Il tasso di sopravvivenza tra le madri era sorprendentemente alto.


fonti e riferimenti:

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *