Annette Smith Burgess, illustratrice oftalmologa

Annette Smith Burgess, illustratrice oftalmologa

Annette Smith Burgess (1899-1962), oftalmologa illustratrice.

Annette Smith Burgess (1899 – 1agosto 1962), fu un’allieva del grande illustratore Max Brödel (1870-1941) presso la Johns Hopkins University di Baltimora al “Department of Art as Applied to Medicine“. Burgess studiò con Brödel per tre anni, a partire dal 1923, prima di diventare il primo illustratore oftalmico del “Johns Hopkins Wilmer Eye Institute“, posizione che ricoprì per i successivi 35 anni, fino al suo pensionamento nel 1961. A partire dal 1946 (e più ufficialmente nel 1948), ha assunto un ruolo aggiuntivo come istruttore al “Programma di Arte applicata alla Medicina“.

Nel 1934, William Holland Wilmer (1863-1936) pubblicò il suo “Atlas Fundus Oculi“, illustrato con cento tavole a colori, tutte riprodotte da dipinti di Burgess.


l’atlante di Wilmer

La tavola, disegnata dalla dottoressa Annette Smith Burgess, mostra il quadro clinico di una ‘papillo-retinite tossica e meccanica con papilledema’.

Queste litografie dai colori intensi richiesero un bel pò “di lavoro da fare”. Come Wilmer afferma nella sua prefazione all’atlante, “La stampa accurata dei disegni del fondo a colori è un’impresa molto laboriosa e costosa“.
Burgess era più che qualificata per affrontare questa sfida. Per realizzare i suoi dipinti divenne una persona esperta dell’oftalmoscopio e della lampada a fessura. Questo meticoloso lavoro aumentò il valore delle illustrazioni per i lettori dell’Atlante, poiché il loro livello di accuratezza era straordinario, rendendo l’esperienza di guardare le illustrazioni molto vicino a quella di guardare attraverso un oftalmoscopio stesso. Alcune delle descrizioni di Wilmer includono anche dettagliate illustrazioni di particolari caratteristiche che egli desiderava evidenziare; anche questi erano disegnati dalla Burgess.


la collaborazione con il dr Woods

Burgess collaborò anche con il dr Alan C. Woods (1889-1963), fornendo le illustrazioni per “Endogenous Uveitis” ((1956) ed “Endogenous Inflammations of the Uveal Tract” (1961), sebbene in entrambi i volumi i suoi dipinti fossero riprodotti usando processi fotografici piuttosto che litografici e ridotti in dimensioni.


riferimenti:

 

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