Alcmeone da Crotone


Alcmeone da Crotone


Di lui e le sue opere ci è arrivato poco. Fu probabilmente allievo di Pitagora e visse nel V secolo ac anche se vi sono varie ipotesi sulla sua data di nascita e fioritura. Lo Sterpellone ci dice che nacque nel 560 ac circa, mentre secondo l’Enciclopedia Filosofica (pubblicata su internet) della Stanford University egli scrisse probabilmente tra il 500 ed il 450 ac.
Diogene Laerzio gli attribuisce l’opera “Perì Physeos” e afferma che scrisse molto in materia medica.
Ho tratto il mio articolo su Alcmeone prevalentemente dal testo del Pazzini “Storia dell’Arte Sanitaria”. Secondo il Pazzini è riduttivo parlare di Magna Grecia, in riferimento al periodo di grande sviluppo della cultura e delle scienze dell’Italia Meridionale di circa 2.500 anni fa, senza considerare anche l’elemento italico già presente prima della colonizzazione greca. Comunque la si pensi sul peso specifico dell’elemento italico e di quello ellenico, certamente qualcosa di straordinario avvenne in questo territorio che ebbe importanti ricadute anche sulla storia della medicina. Il testo di Pazzini trasuda la passione culturale e l’attenzione per la ricerca delle fonti da parte dell’autore verso Alcmeone. Pazzini si serve della pubblicazione di Diels per la consultazione dossografica di Alcmeone.
Alcmeone fu probabilmente un personaggio della scuola di Crotone, che non fu la scuola pitagorica, sebbene vicina ed affine a questa dal punto di vista culturale.
Il De Renzi gli attribuisce una delle opere elencate nel “Corpus Hippocraticum”, il “De prisca Medica”.
Secondo la dossografia, Alcmeone trattò di religione, morale e cosmologia (la sapienza infinita degli dei, il corso dei pianeti, l’eternità della luna e del cielo) oltre che argomenti inerenti con la medicina, la biologia e la psicologia. Come gli altri filosofi presocratici, anche Alcmeone si pose il quesito su come è composta la materia.
Aristotele, nella sua “Metafisica” raffronta il concetto pitagorico di enanziosi con quello alcmeoniano di isonomia. Questi due concetti sono simili tra loro e intendono l’origine delle cose come scaturita da una lotta tra binomi di “cause” in contrasto tra loro (bene-male; bianco-nero; dolce-amaro; grande-piccolo, ecc.).
Secondo Calcidio, un autore posteriore di otto secoli ad Alcmeone, egli praticò la dissezione sul corpo umano per dimostrare la natura dell’occhio (oltre a Callistene, un auditore di Aristotele, ed Erofilo). Il passo del Commento di Calcidio al “Timeo” di Platone costituisce l’unica affermazione esplicita sull’esercizio della dissezione da parte di Alcmeone:

Dobbiamo mostrare come è fatto l’occhio, sul quale, con moltissimi altri, hanno rivelato molte cose mirabili Alcmeone crotoniate, esperto di questioni fisiche e il primo che si cimentò nella dissezione, Callistene, scolaro di Aristotele ed Erofilo. Dicono che vi sono due sentieri che partono dal cervello, dov’è la primissima sede percettiva dell’anima e giungono alla cavità degli occhi dove è contenuto lo spirito naturale. Questi due sentieri, che hanno medesima radice e partono da un medesimo punto, procedono per un po’ nella parte più interna della fronte appaiati, poi si separano in una specie di bivio, e giungono nella cavità degli occhi, dove si protendono gli obliqui viottoli delle sopraciglia; e lì , curvandosi, dove le membrane accolgono l’umidità naturale, riempiono i globi protetti delle palpebre, e appunto da questo loro incurvarsi prendono il nome di orbite…Notarono poi che gli occhi sono circondati da quattro membrane o tuniche di diverso spessore”

In questo passo si ha la descrizione dei nervi ottici, del chiasma ottico e del loro percorso. Il termine tradotto con percorso, sentiero, viottolo o da altri con canale esprime la parola greca originale “poros”. Questo passo è importante anche perché Calcidio da ad Alcmeone la primogenitura della dissezione, sebbene non chiarisca se dissezione su tutto il corpo o solo a livello cerebrale. Lo studio della conoscenza e della percezione (del Sistema Nervoso Centrale diremmo oggi) fu l’argomento centrale dell’opera alcmeoniana, perlomeno da quanto si evince dalla dossografia giunta a noi.
Dal “De Sensatione di Teofrasto di Ereso ci giungono diverse citazioni attribuite ad Alcmeone:

Gli occhi vedono per l’acqua che hanno intorno. È chiaro che hanno fuoco: colpiti infatti mandano scintille. E noi vediamo per lo splendore e trasparenza…
Per l’udito dice che udiamo con gli orecchi, perché in essi c’è una cavità. Questa risuona e l’aria trasmette il suono…
Gli odori si percepiscono perché, aspirando, portiamo con il naso il respiro al cervello. In quanto ai sapori, la lingua molle, tenera e calda, li fa liquefare, li accoglie e li trasmette”.

Teofrasto di Ereso, discepolo di Aristotele, botanico, e suo successore nella guida delLiceo, scrive nel suo “De Sensatione”, così come riportato nel testo di Pazzini:

L’uomo infatti, dice Alcmeone, si differenzia dagli altri animali, perché egli solo ha l’intelligenza, gli altri, invece sentono ma non intendono…
Si distingue dagli altri animali perché capisce, mentre gli altri animali percepiscono ma non capiscono. Per lui infatti percepire e capire sono due attività diverse e non, come credeva Empedocle, una sola e medesima attività…
Tutte le percezioni giungono al cervello e lì si accordano“. 


Dunque, secondo la dossografia alcmeoniona, il cervello è l’organo guida dell’intero organismo umano.
Per quanto riguarda il discorso sulla procreazione, riferimenti su questo argomento sono offerti oltre che da Aristotele, anche da Aezio il Dossografo, Plutarco, Censorino (Placita,Placita PhilosopharumDe die Natali).
Secondo Censorino, Alcmeone sosteneva che il figlio nasce dal sesso di quel genitore di cui è più abbondante il seme, poiché egli credeva che sia l’uno che l’altra contribuissero alla formazione del nuovo essere (De die Natali). Secondo la dossografia, Alcmeone poneva l’origine del seme a livello cerebrale e non midollare come sostenuto da altri filosofi presocratici. Inoltre il primo organo fetale che si forma è proprio il cervello (come riportato da Aezio e Plutarco) in quanto sede dell’anima ed il feto si nutre con tutto il suo corpo “come una spugna”.
Diversamente, Rufo di Efeso, riportato da Oribasio, sosteneva che Alcmeone affermava che il feto si nutre con la bocca. Alcmeone si occupò anche della sterilità ed in particolare quella dei muli la cui origine è dovuta alla frigidità del seme ed alla chiusura dei genitali femminili.
Censorino (come riportato ne DK38A12 e DK38A13) afferma:

Ippone ritiene che il seme fluisca nel midollo e che ciò sia provato dal fatto che dopo la monta del bestiame, se si uccide qualche maschio, non è possibile trovarvi midollo, quasi fosse esaurito.
Ma questa opinione alcuni la rifiutano, come Anassagora, Democrito ed Alcmeone Crotoniate: essi infatti replicano che dopo la monta delle greggi i maschi sono impoveriti non solo di midollo, ma anche di grasso e molta altra carne. Un altro problema sul quale si divide l’opinione degli autori è se il figlio nasca soltanto dal seme del padre, come scrissero Diogene, Ippone e gli Stoici, o se anche dalla madre come parve ad Anassagora ed Alcmeone oltre che a Parmenide, Empledocle ed Epicuro. Sulla formazione del feto invece Alcmeone ammise di non sapere nulla di definito, ritenendo che nessuno possa osservare quale parte del bambino si formi per prima.

Un altro concetto alcmeoniano che suscitò grande interesse fu quello “Della veglia, del sonno e della morte”. La citazione dossografica comunemente accettata è quella di Aezio:

Alcmeone dice che il sonno avviene per il ritirarsi del sangue nei vasi sanguigni, e il risveglio invece per l’espandersi [del sangue nei vasi]; il ritirarsi completo dice morte”

Dunque, secondo questo passo, tardo di circa 5-6 secoli rispetto ad Alcmeone, il sonno sarebbe indotto da un calo di flusso sanguigno a livello cerebrale e la morte da un arresto di tale flusso di sangue.
Secondo alcuni autori, Alcmeone avrebbe visto la tromba di Eustachio (il condotto che collega l’orecchio medio alla faringe). Tale affermazione viene dedotta da un passo della “Storia degli Animali” di Aristotele:

Sbaglia Alcmeone quando dice che le capre respirano con le orecchie”.


Il Pazzini, invece, crede che tale deduzione sia alquanto infondata in quanto in contrasto con altri passi dossografica in cui l’orecchio viene posto ad origine dell’udito.
Il concetto alcmeoniano di malattia viene ricavato da Aezio:

Alcmeone (dice) essere generatrice della salute l’isonomia delle <dinami>, umido, secco, freddo, caldo, amaro, dolce…la malattia sopravviene in questo modo per l’eccesso su qualcuno del più caldo e del più freddo così come per l’abbondanza di nutrimento da parte di ciascuno o il difetto, così come in questi o sangue o midollo o cervello”


E dunque, dall’armonia dei contrari (isonomia) fra le diverse “qualità” nasce lo stato di salute, mentre dalla prevalenza di uno di questi (monarchia) si passa allo stato di malattia. In questo modo, Alcmeone, così come altri filosofi presocratici contribuisce a togliere la medicina dalla sfera teurgica e magica per passare a quella naturale e razionalista.

Mario Vegetti nel suo libro sulle opere di Ippocrate (1961) afferma che:
Le grandi categorie di isonomia, monarchia e krasis orientano il pensiero ippocratico da “Antica Medicina ad “Arie Acque Luoghi; in quest’ultima, come in “Regime nelle malattie acute” e in “Epidemie“, sono presenti ampie tracce dell’eziologia alcmeonica.


Autore: Dott. Concetto De Luca (novembre 2010)


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